Il segreto del successo della serie Mr. Robot? Fight Club (e non solo)
Il segreto del successo di Mr. Robot non è riassumibile, come qualcuno ha provato a fare, nella sua storia o nell’idea – non particolarmente originale, va detto – del suo showrunner, Sam Esmail. Mr. Robot, soprattutto, non può essere definita, a nemmeno una stagione dal suo esordio (dal 13 luglio è arrivata la seconda), come perfetta. Perché, semplicemente, non lo è. I suoi punti di forza sono le sue stesse debolezze, e nella voce tremante del protagonista, interpretato da un bravissimo Rami Malek, si riconosce tutta l’incertezza di un progetto rischioso, di cui non si è saputo nulla fino alla fine, e che comunque, fulmine a ciel sereno, è riuscito a fare breccia nel cuore di pubblico e critica.
Il segreto del successo di questa serie, dicevamo, non è riassumibile; né, molto probabilmente, è individuabile. Le valutazioni, come pure le critiche, hanno un campo limitato, oltre il quale qualunque tipo di speculazione diventa un azzardo. Se Mr. Robot funziona, è per una serie di elementi inclassificabili, perché troppo numerosi, che attingono direttamente ad un immaginario e ad un’idea più o meno comune. Come, per fare un esempio, la diretta influenza di Fight Club (nel finale della scorsa stagione il citazionismo è arrivato fino all’emulazione). Oppure il racconto di un tema attualissimo come la crisi economica.
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